Bruno Chersicla, uno dei più originali e popolari artisti triestini della generazione che ha esordito alla fine degli anni cinquanta, è morto il 3 maggio a 76 anni. Il Museo Revoltella gli ha dedicato, tra il '97 e il '98, una grande mostra antologica che ripercorreva quattro decenni di attività. Vogliamo ricordarlo con il breve profilo che apriva il catalogo.
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"Anche se dopo trent’anni vissuti a Milano è difficile per Bruno Chersicla definire con sicurezza la sua identità (come ha detto lui stesso in un’intervista) per gli altri è abbastanza facile capire, dalle sue parole, dall’attaccamento al vecchio studio di San Giacomo, dai temi delle sue sculture (“La bora”, “Arco di Riccardo”, “Svevo”, “Saba”...) e da molte altre cose, tra cui anche l’entusiasmo che ha accompagnato la preparazione di questa mostra al Museo Revoltella, che il legame con la sua città resta fortissimo e non è alimentato solo da affetti o semplice nostalgia, ma si collega ad un capitolo importante della sua storia di artista e a un’impronta culturale che tuttora costituisce una delle direttrici fondamentali del suo percorso creativo. >>>
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"Anche se dopo trent’anni vissuti a Milano è difficile per Bruno Chersicla definire con sicurezza la sua identità (come ha detto lui stesso in un’intervista) per gli altri è abbastanza facile capire, dalle sue parole, dall’attaccamento al vecchio studio di San Giacomo, dai temi delle sue sculture (“La bora”, “Arco di Riccardo”, “Svevo”, “Saba”...) e da molte altre cose, tra cui anche l’entusiasmo che ha accompagnato la preparazione di questa mostra al Museo Revoltella, che il legame con la sua città resta fortissimo e non è alimentato solo da affetti o semplice nostalgia, ma si collega ad un capitolo importante della sua storia di artista e a un’impronta culturale che tuttora costituisce una delle direttrici fondamentali del suo percorso creativo. >>>
Pittura materica - Pittura, 1963 |
Ma già nel 1966, a ventinove anni, Chersicla si allontanava da Trieste per cimentarsi con il mondo milanese, prima come regista poi come grafico.
I cerambici - CT (modello), 1970 |
A
Milano, dove sentiva “di essere in prima linea”, trovò un contesto ideale per i
suoi progetti, i suoi interessi culturali, la sua sete di novità. In quel momento aveva già abbandonato la pittura per
inventarsi un nuovo modo espressivo, basato sulla costruzione di strutture
composite, formate da elementi collegati da perni, che potevano muoversi e dare
vita a forme sempre diverse. E’, questa, la fase cruciale dei “Cerambici” che
segna, a detta dell’artista, la sua “reazione all’informale” e corrisponde ad
un desiderio di comprendere le forme della natura (e in effetti i “Cerambici”
con le loro “chele” giganti facevano pensare a dei misteriosi animali)
attraverso la geometria.
Baroko, 1973 |
Seguirà,
negli anni Settanta, la serie dei
“Baroki”, opere ancor più complesse e raffinate che contengono una serie
infinita di riferimenti storici e stilistici - dal barocco vero e proprio al
neoclassico, al liberty - ma sono anche molto importanti per la definizione dei
caratteri più originali del linguaggio di Chersicla, giunto ormai a un punto molto
alto di maturazione. I “Baroki”, pur nella loro astrazione, o forse proprio per
questa quasi totale mancanza di riferimenti reali, evidenziano anche la
componente ludica o più maliziosamente ironica di Chersicla, che si diverte a
meravigliare il pubblico con opere concepite e realizzate con estremo rigore,
che tuttavia, con un semplice gesto, possono perdere improvvisamente forma ed
unità ed essere modificate quasi all’infinito per assumere identità sempre
nuove.
Italo Svevo, 1983 |
In
questo momento, tra gli anni settanta e ottanta, si chiariscono definitivamente
anche tutti gli aspetti tecnici del suo metodo di lavoro, che si possono
considerare assolutamente unici e inimitabili e, anche per come vengono
evidenziati dall’artista, concorrono in misura determinante nel valore delle
opere.
Anche
in questo c’è sicuramente un “vizio
d’origine”: il suo perfezionismo, che è da un lato cura estrema nel trattamento
della materia, dall’altro capacità di studiare e mettere in funzione meccanismi
estremamente complessi, non può che nascere da una disposizione naturale al
rigore e all’ordine, ma è senz’altro anche frutto di un metodo di lavoro
appreso da ragazzo in quell’Istituto d’arte triestino nato solo dopo la seconda
guerra per la formazione di arredatori e decoratori navali, ma idealmente
collegata alle severe scuole che l’impero austro-ungarico aveva istituito già
un secolo prima per elevare la professionalità dei tecnici e progettisti che
avevano il compito di disegnare e fare funzionare le città dell’era
industriale.
Phantom, 1980 - Missoni, 1983 |
Ma
ovviamente c’entra anche Milano nel “mestiere” di Bruno Chersicla e nel suo
atteggiamento metodologico e progettuale. Milano non è certo soltanto lo sfondo
della sua vita o solo un campo di osservazione per l’artista, che dice di amare
il caos del centro cittadino e di avere scelto di vivere e lavorare nella
vecchia filanda di Zoccorino solo per avere la giusta dimensione per le sue
esigenze operative: Milano lo ha inserito nei suoi meccanismi produttivi, gli
ha offerto occasioni importanti come progettista, gli ha concesso di “firmare”,
con l’originale porta-scultura del 1985,
uno dei santuari più celebrati della vita sociale cittadina, il Savini,
gli ha aperto le porte di un collezionismo ricco e forse anche un po’snob che
ha certamente giovato alla sua fama. Milano è però, soprattutto con la sua
“religione” del pragmatismo e il mito del lavoro, il luogo ideale per un
artista che sa abbandonarsi alla fantasia ma non lascia nulla al caso e che
possiede una concezione dell’arte basata sulla chiarezza del linguaggio e sul
predominio della ragione. Per questo l’intesa è stata possibile ed è duratura,
anche se bene supportata da ciò che Chersicla ha portato con sé da Trieste e
che sarebbe troppo poco definire “impronta mitteleuropea” come si legge in tante delle innumerevoli
recensioni delle sue mostre. Se il bagaglio storico è importante e particolare,
conta però anche un tipo particolare di carattere che distingue Chersicla e i
suoi concittadini ed è quella combinazione misteriosa di calcolo e casualità,
di ordine e fantasia, di cui forse è
inutile cercare le radici vere ma riesce spesso a produrre risultati
straordinari.
Maria Masau Dan
Direttore del Museo Revoltella
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