venerdì 31 maggio 2013

Vacanze con l'arte nei centri estivi dei musei civici di Trieste

Forti delle esperienze maturate attraverso i tanti laboratori artistici svolti negli ultimi anni, i Musei civici di Trieste propongono per quest’estate un’iniziativa educativa di maggiore impegno e durata, invitando i bambini a frequentare dei veri e propri “centri estivi”, articolati in cicli di una settimana, per i quali sono stati preparati programmi particolarmente originali e divertenti che permetteranno di passare qualche settimana di vacanza imparando cose nuove ma anche giocando con la storia e con l’arte.

I centri estivi sono due e i musei coinvolti sono tre, il Museo Revoltella, il Museo Sartorio e il Museo Teatrale “Schmidl” che organizzerà anche qualche attività presso il Teatro Verdi.

Il centro estivo proposto dal Museo Revoltella si intitola “Campus estivi. Settimane a colori”, e sarà attivo dal 17 giugno al 30 agosto.

Il centro estivo proposto dal Museo Sartorio e dal Museo Teatrale si intitola invece “Estate in museo. In viaggio nel tempo” e durerà dal 17 giugno al 12 luglio.

A condurre l’attività saranno educatrici museali di lunga esperienza, Barbara Coslovich e Serena Paganini al Museo Revoltella, Marta Finzi e Anna Krekic nei musei Sartorio e Schmidl.

Di seguito informazioni più dettagliate sull’iniziativa.  >>>

giovedì 30 maggio 2013

30 maggio, ultimo "giovedì di primavera": si parla di rose e musei

"Conversazioni tra Musei, ovvero non solo rose e fiori, ma anche Musei”. E’ il tema dell’ultimo appuntamento del ciclo i “Giovedì della Primavera” che si terrà domani, giovedì 30 maggio, alle ore 18 nell’Auditorium del Civico Museo Revoltella (via Diaz 27), e vedrà protagoniste due responsabili di musei regionali: Maria Masau Dan, direttore dei Civici Musei di Trieste e del Revoltella e Isabella Reale, conservatore del Parco di Pordenone. Due storiche dell'arte che nell’ambito dei propri ruoli, dialogheranno sul “giardino”, una sorta di museo all’aperto, ovvero un luogo della contemplazione, una sorta di “paradiso” che racchiude la dimensione mistica, spirituale, di una civiltà, pertanto è abbastanza naturale che le rose vi crescano accanto alle opere d’arte. Il giardino, organismo vivente progettato e plasmato dalla mano dell’uomo, diventi esso stesso una creazione artistica. Tra i giardini di più recente concezione che costituiscono un’ ulteriore attrattiva e valore aggiunto al Museo stesso, spicca il MIRA, ovvero Museo Itinerario della Rosa Antica che si snoda tra le acque e gli alberi di Villa Galvani a Pordenone, sede della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea. >>>

mercoledì 22 maggio 2013

Carlo Scarpa e i suoi giardini. Il 23 maggio incontro con Domenico Luciani

Penultimo appuntamento, al Museo Revoltella, del ciclo “I giovedì della primavera” iniziato alla fine di marzo e collegato alla manifestazione “Horti tergestini”in collaborazione con la cooperativa Monte San Pantaleone. Ospite dell’incontro del 23 maggio alle ore 18, nell'auditorium del museo, sarà Domenico Luciani, trevigiano, specialista nel paesaggio e direttore per ventidue anni, dal 1987 al 2009 della Fondazione Benetton Studi Ricerche. In quest’ambito ha creato il “Premio internazionale Carlo Scarpa per il giardino” giunto quest’anno alla ventiquattresima edizione. >>>

domenica 19 maggio 2013

Cosa c'è dietro le polemiche giornalistiche sulle donazioni

 
 
A noi che lavoriamo nei musei interessa principalmente il rapporto con il pubblico, un po’ come ai negozianti, che cercano di scoprire cosa piace di più ai loro clienti per poter vedere sempre più persone nei loro esercizi.
Infatti sono solo i numeri delle presenze e i giudizi del pubblico a determinare la qualità della gestione, qualsiasi sia il servizio offerto, culturale o commerciale. Chi non frequenta e non conosce veramente un luogo, che sia un negozio o un museo, non ha il diritto di giudicarlo.
Ma c’è qualcuno che pensa di sapere tutto e di poter dire tutto sui musei solo “per sentito dire” o sulla base di“impressioni”. E’ una categoria di giornalisti che talvolta sembra avere a cuore i musei più di qualsiasi altro tema cittadino. >>>

Storia delle donazioni al Museo Revoltella.1993-2003


Il Museo Revoltella è stato oggetto, negli ultimi tempi, di qualche intervento polemico sul quotidiano "Il Piccolo" a proposito di un presunto disinteresse dell'istituzione nei confronti di alcune opere proposte in dono. Sono state scritte molte inesattezze, senza che sia stato possibile replicare sul giornale con l'ampiezza che certe accuse, del tutto infondate, meriterebbero.
Fortunatamente ci sono canali alternativi per comunicare la verità dei fatti.
Vale la pena allora "rispolverare" un intervento di dieci anni  (conferenza tenuta dalla direttrice Maria Masau Dan il 17 aprile 2003 su invito del Rotary Club)  fa sulle donazioni ricevute dal museo nel decennio 1993-2003.
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"LO SVILUPPO DEL MUSEO REVOLTELLA NELL'ULTIMO DECENNIO"
La crescita delle collezioni del Museo Revoltella nei suoi centotrenta anni di storia è stata caratterizzata da un considerevole aumento del numero delle opere (il lascito del fondatore, nel 1869, comprendeva appena un centinaio di pezzi) che sono arrivate, oggi, a quattromila unità con un incremento medio di una trentina di opere all’anno, ma soprattutto da un significativo aumento di valore del patrimonio dovuto al fatto che nella politica degli acquisti si è tenuto conto certamente dei contenuti culturali ma anche dell’importanza dell’investimento.
Se al momento della fondazione il valore dell’immobile lasciato dal barone Revoltella era di gran lunga superiore a quello dei dipinti, delle sculture e degli arredi che vi erano conservati, oggi si può dire, tenendo presente che i palazzi sono tre e sviluppano una superficie di 8000 mq, il valore del contenuto e del contenitore sono pressoché equivalenti.
Naturalmente queste considerazioni si devono fare sempre in subordine alle valutazioni delle potenzialità culturali del patrimonio d’arte custodito nel museo, in cui vi sono moltissimi oggetti che non hanno che un minimo valore commerciale, ma sono importanti tasselli per la conoscenza del passato.
Che per ingrandire un museo siano indispensabili risorse finanziarie adeguate, del resto, lo aveva capito lo stesso barone Revoltella, il quale aveva provveduto a integrare il lascito immobiliare con una dotazione finanziaria di 100.000 fiorini che, opportunamente investiti, (come è poi avvenuto almeno fino al 1914), avrebbero consentito all’istituzione non solo di vivere ma anche di crescere attraverso gli acquisti giudicati interessanti o necessari dal Curatorio.
Dunque il rapporto tra l’importanza di un museo e le sue risorse finanziarie è molto stretto ed è doveroso in ogni caso, da parte di chi gestisce una struttura di questo tipo  – soprattutto un istituto come il Revoltella che si occupa di una materia decisamente legata all’andamento del mercato e non di oggetti in cui prevale il valore simbolico, come i reperti archeologici, ad esempio – tenga sempre conto del fatto che gli acquisti, quando è possibile, devono essere anche dei buoni investimenti. Può sembrare un’osservazione superflua, ma non lo è se si conosce il meccanismo assai delicato e complesso che regola i rapporti tra i musei pubblici e il mercato dell’arte che non di rado vede nell’acquirente pubblico un cliente molto più “facile” e una prospettiva di guadagno più interessante. Fortunatamente, però, lo sviluppo di un museo d’arte moderna avviene anche, e in larga misura, attraverso le donazioni, che nel caso del Museo Revoltella rappresentano più della metà delle acquisizioni fatte nel corso della storia e che hanno svolto una funzione molto importante, cioè quella di legare il museo al tessuto sociale cittadino diventandone uno specchio molto fedele e prestigioso.
Molte collezioni private ottocentesche e di epoche più recenti hanno fatto confluire nel grande patrimonio del museo più di 1500 opere e hanno permesso, non solo di documentare artisti e scuole importanti , ma anche di creare un’ampia base di materiali che consente di istituire significativi confronti e condurre ricerche molto proficue sui periodi che ci interessano.
Ne è ben consapevole l’Università di Trieste che ha affidato moltissime tesi di laurea sull’Ottocento e sul Novecento contando proprio sulla vastità e sulla varietà della collezione del Museo Revoltella.
Le donazioni hanno avuto un’importanza eccezionale soprattutto nell’ultimo decennio, quando – dopo la riapertura seguita alla lunga chiusura per ristrutturazione – è iniziato un nuovo corso, che ha visto diminuire  le risorse finanziarie per gli acquisti e aumentare quelle destinate all’organizzazione delle mostre temporanee.
Le possibilità di fare degli acquisti sono diminuite, comunque, anche a causa della lievitazione dei prezzi dell’arte contemporanea, in particolare di quegli artisti degli anni Ottanta e Novanta che sarebbe necessario oggi rappresentare nella collezione per continuare il percorso del Novecento, interrottosi purtroppo all’inizio degli anni Settanta.
In attesa di ritrovare il giusto equilibrio tra sviluppo del museo e attività di valorizzazione, le donazioni che sono pervenute negli anni scorsi hanno comunque permesso al museo di crescere e di acquisire pezzi che si sono inseriti perfettamente nel percorso museale aumentando considerevolmente il valore complessivo delle raccolte. La provenienza delle donazioni è piuttosto varia. In alcuni casi è continuata una specie di tradizione di famiglia, come in quello della famiglia Hausbrandt, cominciata con l’iniziativa di Roberto Hausbrandt che nel 1958 ha donato un’eccezionale collezione di più di cinquanta autoritratti, aggiungendo qualche altro pezzo nei primi anni Novanta, e continuata fino ad ora dai figli, che proprio qualche mese fa hanno donato al museo un bellissimo Autoritratto di Leonor Fini.
Un’altra eredità, diciamo così, familiare è quella che è stata trasmessa da Marta Gruber, che ha donato un cospicuo numero di dipinti, disegni e stampe appartenuti a suo nonno Silvio Benco,  e poi passati alla figlia e alle nipoti. Un dono inaspettato è stato quello della signora Nelly Bois de Chesne che ha nominato anche il Museo Revoltella erede delle sue proprietà lasciando una serie di dipinti dell’Ottocento di straordinario pregio, tra cui pezzi molto belli di Filippo Palizzi e Domenico Induno. E’ molto importante, naturalmente, proprio per quella funzione di collegamento con la società cittadina, ricevere in dono opere che hanno un particolare significato nella storia di una famiglia. Ne è un esempio il bellissimo ritratto dell’architetto Fogolin di Bruno Croatto, pervenuto per testamento dalla figlia Giuliana o il nucleo di opere di Nino Perizi donato da sua figlia poco dopo la scomparsa dell’artista, nel 1994. Molto frequenti sono le donazioni degli artisti stessi: Edo Murtic, Ennio Cervi sono le ultime in ordine di tempo. Altrettanto significativo è per un museo sentire vicino il mondo dei collezionisti, percepire in loro un interesse per l’arte che va oltre il senso di proprietà e che li fa sentire solidali con le istituzioni nel perseguire il dovere di raccogliere e trasmettere al futuro le testimonianze culturali. Si possono citare i casi di Lucio Rocco e di Annamaria Luciani, dai quali qualche anno fa sono stati donati dipinti di Craglietto e di Sormani o quello del dott. Flavio Tossi studioso e collezionista di Cesare dell’Acqua che ha donato un bellissimo autoritratto dell’artista.
Ma la donazione più singolare e, per certi versi, più importante, di questa nuova fase storica del Museo Revoltella è la donazione di Giulio Kurlaender, imprenditore triestino che ha destinato 500 milioni al museo affinché potesse acquisire opere di artisti triestini o in qualche modo legati a Trieste. Questa somma è stata quasi totalmente impegnata ed è servita ad assicurare alla collezione del museo opere veramente importanti in cui figurano quasi tutti gli artisti più rappresentativi di questa realtà: Tominz, dell’Acqua, Rietti, Fittke, Marussig, Bolaffio, Fonda, Sbisà, Hermann Lamb, Cambon, Dudovich, Spazzapan,  Croatto, Rosignano.Da ultimo è importante ricordare anche che il Rotary Club di Trieste nel 1996 ha donato una scultura di Antonio Guacci in occasione della mostra antologica dedicatagli dal museo.
 
Maria Masau Dan
Direttore del Museo Revoltella

Trieste, 17 aprile 2003

nelle foto: F. Palizzi, La pastorella, donazione Bois de Chesne; Leonor Fini, Autoritratto (Le chapeau rouge), dono Hausbrandt; Bruno Croatto, Ritratto di Delia Benco, dono Marta Gruber; Luigi Spazzapan, Ritratto di Oscar Brunner, dono Kurlaender.

 

venerdì 10 maggio 2013

Il Museo casa mia 2013. La pittura a Trieste nel primo 800: Giuseppe Bernardino Bison e Giuseppe Tominz


Domenica 12 maggio, a Trieste torna l’appuntamento mensile con “Museo casa mia”, le domeniche a ingresso gratuito per i triestini. Al Revoltella, vista la coincidenza con l’uscita della monografia su Giuseppe Bernardino Bison nella collana d’arte della Fondazione CRTrieste, viene proposto un itinerario nell’arte della Trieste neoclassica in cui risaltano le opere di Giuseppe Bernardino Bison (Palmanova 1762 – Milano 1844), pittore eclettico, scenografo e costumista, specializzato nella pittura decorativa allegorica di retaggio settecentesco ed altrettanto efficace anche nelle vedute e nei paesaggi di gusto romantico, e Giuseppe Tominz (Gorizia 1790 – Gradiscutta 1866), ritrattista eccellente e sagace interprete della ricca borghesia imprenditoriale della città. e quelle di Giuseppe Tominz. Entrambi seppero adattare la propria perizia artistica e la propria specifica inclinazione estetica all’ambiente borghese, mercantile e pragmatico della città portuale, incontrando il pieno favore dei collezionisti locali che, per le proprie agiate dimore, richiedevano per lo più paesaggi e vedute, di indubitabile fascino e attrattiva, e ritratti, di se stessi e dei propri familiari, per tramandare ai posteri la loro memoria e testimoniare così il proprio ruolo sociale nella Trieste emporiale.


Giuseppe Bernardino Bison
(Palmanova 1762 – Milano 1844)
La sua formazione artistica ha inizio a Brescia, dove si era trasferito con la famiglia quando era ancora ragazzo. Qui studia disegno con Romani (restauratore) e con Gandini (prospettico). A Venezia, dove risiede dal 1797, sperimenta il chiaroscuro con l’incisore Anton Maria Zanetti il Giovane, segue poi all’Accademia i corsi di Costantino Cedini, seguace del Tiepolo e insegnante di Figura e dello scenografo Antonio Mauro, insegnante di prospettiva. A Venezia conosce molti artisti e, soprattutto, incontra Antonio Selva, che intuendo le doti decorative di Bison, lo conduce con sé a Ferrara, nel 1787, per impiegarlo come ornatista nel palazzo Bottoni. Dopo questa prima esperienza e fino al 1800 Bison si afferma, come frescante, per lo più a Padova e dintorni e nella Marca Trevigiana. Dopo un breve periodo a Udine, giunge a Trieste (1802 circa), dove si stabilisce per un ventennio, lavorando ininterrottamente e con ampio consenso.
A Trieste, oltre a una florida produzione di dipinti ‘da cavalletto’ di grande piacevolezza inventiva e coloristica, è impegnato come scenografo e decoratore di interni in diversi edifici di rilievo, quali Palazzo Carciotti (1805), il palazzo delle Vecchia Borsa (1807), la Chiesa di Santa Maria Maggiore (1816) e Villa Segrè-Sartorio. Durante la permanenza triestina è attivo anche a Zara, a Gorizia, a Lubiana e in Istria. Lascia Trieste nel 1831 e si trasferisce a Milano, dove continua la sua attività artistica fino alla morte nel 1844, spesso in collaborazione con il figlio Giuseppe.
I dipinti del Museo Revoltella
Nelle sale del museo sono esposte le opere più rappresentative del pittore, testimoni del suo linguaggio stilistico vivace e fantasioso, ben evidente nelle tre vedute fantastiche intitolate: PaesaggioPaesaggio con rovine e Tempio romano, in cui l’artista inserisce liberamente elementi architettonici antichi in paesaggi favolosi e di grande suggestione romantica.
Oltre ai capricci di ascendenza tardo settecentesca, si può vedere al centro della sala una splendida veduta di Venezia sotto la neve (Venezia con la neve e le maschere), eseguita all’epoca della permanenza triestina di Bison, in cui è rintracciabile la tradizione del vedutismo veneziano settecentesco, arricchito e vivacizzato dalle figurine in primo piano, cifra stilistica inconfondibile dell’artista palmarino.
Dell’attività in ambito teatrale di Bison non si conserva purtroppo alcuna documentazione (decorò, tra l’altro, un palco al Teatro Nuovo 1807), ma il Museo Revoltella conserva alcuni preziosi dipinti-bozzetti per le scene del Don Giovanni di W. A. Mozart
I 4 bozzetti del Revoltella, rispettivamente preparatori per la scena de Il Duello (Scena Prima Atto I)de La sfida (Scena XV Atto II), de Il convito (Scena XVII Atto II) e de L’inferno (penultima scena del l’Atto II), giunsero nelle collezioni tramite il legato Carlo e Maria Piacere (1940).
A Trieste, l’opera di Mozart fu rappresentata per la prima volta al Teatro Grande il 26 dicembre 1842, quando Bison si trovava già a Milano. Egli fu probabilmente incaricato di curare la scenografia, o meglio, la fase preparatoria mediante la creazione dei “bozzetti” di scena.
I bozzetti, per quanto di piccole dimensioni, sono dei veri “capolavori”.
Possiedono un loro valore tanto dal punto di vista  pittorico che da quello scenografico. Appartengono ancora a questa serie importante di opere di Bison legate al teatro, altre due scene di proprietà del Museo Revoltella:
una seconda versione de L’inferno (olio su tavola, 12x18 cm), di piccole dimensioni ed una piccola tela raffigurante il Ballo in maschera (olio su tela, 26x36 cm), sicuramente da riferirsi alla scena XXI dell’Atto I del Don Giovanni.
 A completare la sala è stato collocato su cavalletto il ritratto che il pittore Giuseppe Tominz, collega più giovane di Bison e suo grande ammiratore, gli dedicò intorno al 1830.

Giuseppe Tominz (Gorizia 1790 – Gradiscutta 1866)


Nato da una famiglia di mercanti originaria della valle del Vipacco, in età giovanile frequentò l’Accademia di Venezia. Grazie alla mediazione dell'arciduchessa Marianna d'Austria, in visita a Gorizia nel 1808, potè recarsi a Roma, ospite del pittore mantovano Domenico Conti Bazzani, professore di pittura a Roma, che gli offrì un appoggio economico per studiare in questa città. Ebbe poi la protezione di un altro mecenate: il conte Giuseppe della Torre Valsassina, che fece lavorare Tominz come copista e restauratore. A Roma, dove frequentò la Scuola di Nudo annessa all'Accademia di San Luca, Tominz condivise l’ambiente artistico con personalità giunte da ogni parte d'Europa (come Ingres, Overbeck e Thorwaldsen) e d'Italia (come Canova, Politi e Hayez) e conobbe direttamente i Nazareni, nella cui arte confluivano ispirazioni mistiche e un estremo rigore stilistico. Assimilò, inoltre, il linguaggio classicheggiante di Batoni, Mengs e Lampi.Attraverso queste esperienze in Tominz si rafforzò l’amore per il disegno marcato e per gli accentuati contrasti chiaroscurali - derivati anche dalla pratica dell’incisione, sperimentata negli stessi anni – anche se non raggiunse mai l’atmosfera tersa e cristallina dei Nazareni e preferì, piuttosto, stesure di colore più morbide e trasparenti velature. Grazie anche all’amicizia con Bartolomeo Pinelli, disegnatore e incisore che “si mise alla ricerca nel mondo popolare dell’etimo classico” (Maltese), Tominz elaborò una lettura del tutto personale dell’antico, fatta di rimandi aulici e ironia bonaria. Dal matrimonio contratto nel 1816 con Maria Ricci, figlia di una domestica di Conti Bazzani, nacque il 1° febbraio del 1818 il figlio Augusto, che seguirà le orme del padre divenendo pittore. Poco dopo, però, in seguito alla morte del suo maestro, Tominz decise di rientrare a Gorizia. Nel viaggio di ritorno fece una sosta a Firenze, dove copiò molte opere alla Galleria Pitti e agli Uffizi. A Gorizia, dopo essersi cimentato come pittore di storia si dedicò con successo al ritratto, all'epoca genere molto proficuo. Nel 1822 nacque il suo secondogenito Raimondo, che diverrà pianista e compositore. All’età di trentacinque anni, artista ormai affermato, Tominz prese domicilio a Trieste, una città che con i suoi 60.000 abitanti stava attraversando una fase di grande sviluppo urbanistico e di prosperità economica.

Fu qui che divenne uno dei più ricercati ritrattisti della facoltosa borghesia
triestina, grazie alla sua straordinaria abilità nel rendere con perfetta somiglianza le fisionomie e il carattere dei committenti, oltre che i loro gioielli, gli abiti, gli accessori e gli arredi. In molti corsero ad ammirare il suo talento in occasione della sua prima mostra personale, tenutasi nel luglio del 1830 alla Sala Miglietti, dove espose una quarantina di ritratti. Nello stesso anno, e nuovamente nel ‘31, Tominz partecipò anche alle Esposizioni annuali di Belle Arti organizzate dalla Società di Minerva. Nel 1835 tenne una nuova mostra personale della Sala del Ridotto, nel teatro cittadino, dove espose più di cinquanta ritratti. In quest’epoca egli aveva già realizzato molti dei suoi lavori più noti: i ritratti delle famiglie Moscon, Buchler, de Brucker e Frussich; il celebre Autoritratto del Museo Revoltella ed altri ancora. Nello stesso 1835 eseguì i ritratti di Giuseppe e Fanny de Toppo, di collezione privata. Quest’ultima, riportando l’esperienza nel suo diario personale scrisse: “egli è molto abile e coglie benissimo la rassomiglianza. Tutti quelli che ha dipinto finora sono tanto riusciti da sembrare realmente presenti sul quadro. Ha sempre molto da fare con gli inglesi, ma bisogna posare tre ore consecutive, poi ancora una volta mezz’ora”. Nei lavori degli anni cinquanta, spesso realizzati in collaborazione con il figlio Augusto, che sarà anche il primo conservatore del Museo Revoltella fino alla sua morte (1872 – 1883), le pose si fecero più rigide e i volti sempre più piatti e inespressivi. A ciò concorse l’influenza esercitata dal mezzo fotografico, che anche a Trieste ebbe grande fortuna. Trascorso il turbinoso Quarantotto a Gorizia, Tominz fece ritorno a Trieste nel 1850, ma vi rimase solo altri cinque anni. La sua vista si era indebolita e con essa anche la possibilità di soddisfare l’esigente committenza triestina. Decise così di abbandonare la città e di ritornare a Gorizia. Visse gli ultimi anni in compagnia del fratello Francesco, nella vecchia villa di campagna a Gradiscutta del Vipacco, dove si spense il 24 aprile 1866.






Domenica 12 maggio ingresso gratutito per i triestini e presentazione dei "centri estivi"



Domenica 12 maggio, a Trieste torna l’appuntamento mensile con “Museo casa mia”, le domeniche a ingresso gratuito per i triestini. Ogni seconda domenica del mese, infatti, fino alla fine dell’anno i nati e i residenti a Trieste potranno entrare liberamente nei musei della città, e cioè: Castello di San Giusto, Museo civico di storia ed arte e orto lapidario, Museo Sartorio, Museo Revoltella, Museo d’arte orientale, Museo teatrale “Schmidl”, Museo Morpurgo, Museo di Storia Patria, Museo di storia naturale, Acquario, Museo del Mare.
Un grande patrimonio, storico, artistico e scientifico che forse non tutti conoscono o non hanno modo di frequentare abbastanza. I visitatori che rientrano negli aventi diritto ritireranno una speciale tessera nominativa che permetterà – anche in seguito – di usufruire dei vantaggi offerti ai residenti per tutto l’anno.

ECCO LE NOVITA’ PROPOSTE DAI MUSEI PER QUESTA DOMENICA

Al Revoltella, vista la coincidenza con l’uscita della monografia su Giuseppe Bernardino Bison nella collana d’arte della Fondazione CRTrieste, viene proposto un itinerario nell’arte della Trieste neoclassica in cui risaltano le opere di Giuseppe Bernardino Bison e quelle di Giuseppe Tominz.
Il Museo Sartorio invece, offre al primo piano una piccola mostra di stampe di Giovanni Battista Piranesi (1720-1778) appartenute a Giuseppe Sartorio e da questi donate nel 1910 alla città. 

Al Museo d’arte orientale, invece, verranno proposti al pubblico due dipinti della seconda metà dell’Ottocento raffiguranti scene di interni: La famiglia Fabricci di Eugenio Scomparini e La bambina ritrovata di Antonio Rotta. Come per le due opere esposte nei mesi precedenti, anche in questo caso le tele sono state scelte nelle collezioni dei Civici Musei di Storia ed Arte per dialogare con gli oggetti del museo: in entrambe, infatti, compare un grande vaso cinese in porcellana, elemento di arredo che segnala la diffusa passione che i collezionisti manifestavano in quegli anni per le cineserie.

Sempre al Museo d’arte orientale come di consueto, ci sarà il laboratorio artistico per i più piccoli a cura della dott. Serena Paganini (dalle 10 alle 11.30).
Domenica 12 maggio sarà inoltre l’ultimo giorno utile per visitare la mostra “Celeste Aida” al Museo teatrale “Schmidl”.

PRESENTAZIONE DEI CENTRI ESTIVI NEI MUSEI

Infine, novità dell’estate 2013, il Comune lancia questa domenica i “Centri estivi nei musei”, che tra giugno e luglio, a cura degli operatori didattici dei musei, coinvolgeranno il Museo teatrale, il Museo Sartorio e il Museo Revoltella. Domenica i genitori interessati potranno ricevere dagli stessi operatori molte informazioni e inserire i figli nella lista delle preiscrizioni.

I CENTRI ESTIVI DEL MUSEO SARTORIO E DEL MUSEO TEATRALE
“rEstate al Museo… in viaggio nel tempo”.

Una settimana di storie, suoni e colori  per bambini dai 6 agli 10 anni. Un centro estivo molto speciale…
Per la prima volta i bellissimi spazi del Museo Sartorio e del Museo Teatrale ospiteranno i bambini per un’intera settimana all’insegna del divertimento, dell’arte, della storia, del teatro e della musica.
Un sorprendente viaggio nel tempo trasporterà i piccoli partecipanti nella Trieste dell’Ottocento alla scoperta di come si viveva tanti e tanti anni fa… Con giochi e laboratori, e attraverso le ricchissime collezioni dei due musei, si sperimenterà come in quel lontano passato si passava il tempo, come si ascoltava la musica, cosa si mangiava, come si scriveva, come si viaggiava, quali giochi si facevano e molto altro ancora…
Nella casa della ricca famiglia Sartorio tra accoglienti salotti e opere d’arte, sale da ballo e da pranzo, libri polverosi, percorsi segreti, un’incredibile cucina e un fresco e ombroso giardino si scoprirà  come si accoglievano gli ospiti, si faceva musica, si parlava d’affari, si davano grandi feste, ci si spostava in carrozza, ci si circondava di cose belle e si immaginavano mondi lontani e sconosciuti.
E come si andava a teatro. Sì, perché la vita teatrale era vivace a Trieste… Al Museo Teatrale, e in una speciale visita al Teatro Verdi, si farà conoscenza con i tanti mestieri del teatro, si entrerà nel vero laboratorio di un liutaio, si conosceranno tanti strumenti musicali, si giocherà con i magici teatrini di marionette…
Il centro estivo è curato da Marta Finzi e Anna Krekic, operatori didattici dei Musei Civici.
VISTE GUIDATE DI PRESENTAZIONE DELL'INIZIATIVA DOMENICA 12 MAGGIO
Museo Sartorio ore 10.00 e ore 11.30 (dott.ssa Anna Krekic)
Museo Teatrale ore 10.00 e ore 11.30 (dott.ssa Marta Finzi)


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I “CAMPUS” ESTIVI DEL MUSEO REVOLTELLA

"Settimane a colori"

Mini corso di storia dell'arte - visite animate alla collezione del  Museo - aboratori didattici-creativi al Revoltella dei bambini per bambini dai 6 ai 10 anni

I Servizi educativi del Museo Revotella  intendono offrire un modo piacevole di trascorrere le mattinate estive  in un ambiente meraviglioso, a contatto con l’arte, tra le opere della galleria d’arte moderna, ma anche respirando il clima dell’Ottocento nelle stanze della residenza storica del Barone Revoltella, nonché in  uno spazio fatto apposta per i bambini e attrezzato per le attività manuali, di disegno e di lettura. I partecipanti alle attività avranno la possibilità di conoscere la storia dell’arte   (naturalmente “a loro misura”), di conoscere la storia del Museo Revoltella, osserveranno vari soggetti nelle opere d’arte a cui ispirarsi per realizzare disegni
ed elaborati artistici ma impareranno anche come si svolge la vita quotidiana di un museo.

In ogni giornata le attività saranno molte: dopo l’accoglienza del mattino, ci sarà un’ introduzione del tema della giornata e una mini lezione di storia dell’arte con giochi e quiz seguita dalla pausa merenda (da consumare nella terrazza del quinto piano del Museo o nella caffetteria, in caso di maltempo). Ogni mattina prevede una visita animata al Museo per vivere quotidianamente il  contatto con le opere d’arte e un momento di elaborazione creativa. La  giornata si conclude fornendo ai bambini materiali, kit e tutorial per produrre elaborati artistici anche a casa, per continuare a divertirsi e magari anche ad appassionarsi all’arte.   

Per venire incontro alle esigenze delle famiglie l’orario sarà flessibile e ci sarà la possibilità di consumare in Museo un pranzo al sacco.
Per informazioni contattare il Museo Revoltella al numero 040-6754350 o all’indirizzo
didattica_revoltella@comune.trieste.it

Il campus estivo è curato da Serena Paganini e Barbara Coslovich, operatori didattici dei Musei Civici.
VISITA GUIDATA DI PRESENTAZIONE DELL'INIZIATIVA DOMENICA 12 MAGGIO
Museo Revoltella ore 11.30 (dott.ssa Serena Paganini)

giovedì 9 maggio 2013

Si presenta la monografia su Giuseppe Bernardino Bison

 Il quattordicesimo volume della Collana d’Arte della Fondazione CRTrieste, dedicato al pittore Giuseppe Bernardino Bison, viene presentato oggi alle ore 17.00 nell’auditorium del Museo Revoltella
A illustrare il volume una storica dell’arte di grande prestigio, Anna Ottani Cavina, Direttore della Fondazione Federico Zeri – Università di Bologna.
Interverranno inoltre Renzo Piccini, Vicepresidente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione CRTrieste; Maria Masau Dan, Direttore del Museo Revoltella e dei Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste;  Giuseppe Pavanello, curatore della Collana d’Arte della Fondazione CRTrieste e co-autore del libro assieme ad Alberto Craievich e Daniele D’Anza. >>>

domenica 5 maggio 2013

Un ricordo di Bruno Chersicla


Bruno Chersicla, uno dei più originali e popolari artisti triestini della generazione che ha esordito alla fine degli anni cinquanta, è morto il 3 maggio a 76 anni. Il Museo Revoltella gli ha dedicato, tra il '97 e il '98, una grande mostra antologica  che ripercorreva quattro decenni di attività. Vogliamo ricordarlo con il breve profilo che apriva il catalogo.
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"Anche se dopo trent’anni vissuti a Milano è difficile per Bruno Chersicla definire con sicurezza la sua identità (come ha detto lui stesso in un’intervista) per gli altri è abbastanza facile capire, dalle sue parole, dall’attaccamento al vecchio studio di San Giacomo, dai temi delle sue sculture  (“La bora”, “Arco di Riccardo”, “Svevo”, “Saba”...)  e da molte altre cose, tra cui anche l’entusiasmo che ha accompagnato la preparazione di questa mostra al Museo Revoltella, che il legame con la sua città resta fortissimo e non è alimentato solo da affetti o semplice nostalgia, ma si collega ad un capitolo importante della sua storia di artista e a un’impronta culturale che tuttora costituisce una delle direttrici fondamentali del suo percorso creativo. >>>