Sulle abitudini personali del fondatore del Museo, però, non abbiamo molte informazioni e dobbiamo ricavarle da frammenti di notizie recuperabili dalle più svariate fonti.
Qualche anno fa, ad esempio, abbiamo tentato di capire come fosse la cucina di casa Revoltella, su sollecitazione del delegato di Trieste dell'Accademia della Cucina, dott. Giuliano Relja, che organizzò una magnifica conviviale dedicata a questo tema.
Vi riproponiamo il testo, che ovviamente non ha alcuna pretesa di scientificità. >>>
LA CUCINA DI PASQUALE REVOLTELLA
Un personaggio come
Pasquale Revoltella (1795-1869), che votò la sua esistenza non solo agli affari e
all’accumulo di potere e ricchezze, ma anche alla promozione di sé e della sua
immagine, perseguita attraverso un tenore di vita elevatissimo e un’intensa
vita sociale, può incuriosire parecchio anche nei risvolti personali della sua
vita, e naturalmente i gusti alimentari non possono non essere un aspetto
fondamentale di questa prospettiva di indagine. Purtroppo fino ad oggi sono state trovate solo tracce sparse delle sue abitudini di vita e notizie indirette che comunque rappresentano indizi interessanti e che, attraverso un lavoro di pazienza appena incominciato, ci possono portare a ricostruire quasi per intero la vita che si svolgeva in questo palazzo. L’occasione di questa serata organizzata dall’Accademia della Cucina è un ottimo punto di partenza, senza il quale forse non ci sarebbe stata nessuna ricerca su questo tema.
Le fonti sono dunque rarissime e sparpagliate. Purtroppo non è stato conservato l’archivio di Revoltella e neppure quello della casa. Non ci sono naturalmente i preziosi ricettari che si trovano quasi sempre tra i ricordi delle famiglie aristocratiche, ma questo si spiega anche con la mancanza di una padrona di casa, di una vera famiglia. La madre di Revoltella, infatti, l’unico legame famigliare a cui egli aveva dato importanza, era morta già nel 1830, quasi trent’anni prima della costruzione di questo palazzo che, come si sa, sorse tra il 1854 e il 1858. Prima egli aveva vissuto non lontano, nella casa Fontana via del Pesce. Di questo periodo non sappiamo molto. C’è però una notizia interessante: nel 1850 risulta dai giornali che aveva ospitato in casa Fontana il principe Schwarzemberg, che era il primo ministro di Francesco Giuseppe. Dunque la sua abitazione doveva essere già piuttosto lussuosa.
Ma i fasti della vita di Revoltella iniziano proprio con il trasferimento in questa dimora, voluta e costruita con l’idea di ricevere, di attivare relazioni sociali all’altezza di un uomo che aveva già un ruolo di protagonista indiscusso.
Non a caso il palazzo fu concepito per svolgervi distintamente due vite: una privata e una pubblica. Il primo piano infatti serviva a lavorare (c’era il suo ufficio), mangiare (nella sala da pranzo piccola) e dormire. Spesso alla tavola privata di Revoltella arrivavano uomini d’affari, funzionari, commercianti. Un ospite quasi fisso era il dott. Goracuchi, il suo medico.
Le prospettive di Revoltella, nato povero (figlio di macellai veneziani arrivati a Trieste nel 1797) ma molto capace e ambizioso, andavano ben oltre i confini cittadini. I suoi affari spaziavano in tutta Europa e dunque il suo stile di vita era quello del mondo della finanza internazionale che frequentava. Non poteva essere che uno stile francese. Del resto Parigi era la città in cui si recò più spesso (soprattutto in funzione dell’impegno preso per la costruzione del canale di Suez) e non mancava di passarci anche quando tornava dalle spiagge del Nord Europa dove trascorreva la villeggiatura. Sappiamo che nella carrozza aveva persino la cucina.
Il cuoco di casa era francese. L’arredamento del palazzo, sebbene studiato da un architetto di Berlino, con le sue specchiere, le sue tappezzerie, le suppellettili, ha certamente un’impronta francese. Nella sua biblioteca ci sono moltissimi libri in francese. Il diario di viaggio scritto nel corso del sopralluogo del
E naturalmente nella sua cantina c’erano soprattutto vini francesi. Al momento della sua morte c’erano più di 500 bottiglie tra cui 350 “Medoc”, 65 di “Bordeaux Lafite”, 22 di “Borgogna rosso”, 54 di “sciampagna”, 10 del “Reno”, ma anche Porto, Sherry e Madera, Rum, Cognac, Cipro e Marsala.
Una testimonianza interessante sull’ospitalità di Revoltella, ci arriva da un giornalista francese che pubblica nel 1862 un libro curioso, un reportage intitolato “Viaggi e cacce” conservato in più copie nella biblioteca del pianterreno. Di lui scrive:
“E’ qui che passa la sua vita, così come i più grandi signori di Genova, Milano e Firenze nelle dimore di marmo e d’oro. Il re delle feste, dello splendore e dell’opulenza, colui che ha il più bel palazzo e i più bei servizi, le più belle serre. Tutto è da ammirare a casa Revoltella. La sala da pranzo con i suoi candelabri , i suoi servizi d’argento giganteschi, che servono a presentare i capolavori della scienza culinaria, che da lui sono come opere d’arte; i gruppi cesellati d’argento ed oro che potrebbero trovare posto in un museo della scultura e che vi presentano assieme a tutti i prodotti del mare e delle riviere preparati meravigliosamente, le coppe di cristallo riempite di esseri viventi attoniti di trovarsi sotto lo splendore di tante luci, balzano, saltano e spariscono nel loro lago in miniatura alimentato da un getto d’acqua che attraversa il pavimento, la tavola, i gruppi d’argento e ricade nelle coppe di cristallo…” (Si tratta del “Fornimento Christofle” descritto nell’inventario degli effetti preziosi come “Un trionfo da tavola con gruppo dell’abbondanza, tritoni, conchiglie di cristallo e gioco d’acqua”).
Anche questo naturalmente fa parte del gusto francese di Pasquale Revoltella.
Nell’organizzare la sua casa egli si ispirò probabilmente anche al modello rappresentato dal nuovo castello di Miramare, dove fu invitato, sebbene di rado, a pranzo. L’arciduca Massimiliano invitava gruppi di almeno 15-20 persone e li metteva insieme per categorie, raramente mescolando aristocratici e borghesi. Revoltella, infatti, fu presente alla colazione del 1° ottobre 1862 insieme a commercianti, funzionari di polizia, capitani di mare, come risulta dal diario manoscritto trovato in Castello.
Ebbe la soddisfazione, però, nella primavera seguente, di invitare a colazione l’arciduca e il suo seguito nella sua villa al Cacciatore, nel corso di una gita che questi fece alla scoperta del più bei giardini di Trieste. Tutte queste notizie non sono mai accompagnate da particolari sulle vivande servite.
Ma l’arciduca Massimiliano già qualche anno prima era stato ospite di Revoltella. Infatti aveva partecipato al ricevimento del 23 febbraio 1859 con cui fu inaugurato con molta solennità il palazzo (è ricordato da un’iscrizione posta alla base del pianerottolo del primo piano) in cui sembra che il menu fosse ispirato al celebre banchetto offerto per le nozze tra Bianca Maria Sforza e Massimiliano I, nel 1494.
L’unica descrizione dei ricevimenti di Revoltella si trova nel libro di Carlo Wostry “Storia del circolo artistico triestino” che riporta un articolo di Ricciardetto:
“Le feste di casa Revoltella sono segnate a caratteri d’oro nelle gazzette di quel tempo: i preparativi durano settimane se non mesi. … La tavola del signore anfitrione è servita da tutte le plaghe. Le confetture vengono da Vienna, i fiori da Nizza. La via del Pesce Ville lumiére manda anche i ventagli e i fazzoletti coi pizzi per le signore. Gli ananas sono ordinati nel Levante, le melarance in Sicilia. Appositi bragozzi alzano le vele per fornire il pesce. Nelle cantine pigliano il fresco vini di Sciampagna, di Borgogna, del Reno. E un battaglione di cuochi suda attorno ai fornelli.
Egli cercava di offuscare le feste dei baroni Morpurgo e dell’arciduca Massimiliano. Una festa in particolare superò tutte le altre. I piatti forti suscitarono grida di ammirazione. Ecco quattro grossi cani di burro che aggrediscono un cinghiale formato di squisite salsicce. Ecco un immane coccodrillo composto di venti qualità di pesce scelto e di frutti di mare. Ecco nanerottoli che si arrampicano sulla cuccagna, in cima alla quale ammicca il roseo prosciutto. Ed ecco una roccia sotto la neve: dinanzi alla capanna è inginocchiato l’eremita. Una fantasia dolce fatta di croccante, panna montata, e pan di Spagna. ….Trionfi dell’arte culinaria. La festa costò 25.000 fiorini…. “
Il “battaglione di cuochi” in effetti aveva a disposizione una grande cucina e una fornitissima cantina, come possiamo arguire dagli inventari redatti dopo la morte, unico documento originale che sia pure in modo molto scarno, ci parla di questa casa (nulla, infatti, al di fuori delle opere d’arte, dei mobili e dei libri, è rimasto al museo, perché egli stesso delegò gli esecutori testamentari a trattenere per sé gli oggetti che non erano ritenuti adatti all’uso museale, corredi di casa compresi).
In cucina c’erano lunghi banconi da lavoro, un forno in ghisa, un girarrosto e uno spacherd; c’era pure un armadio saliscendi per trasportare le vivande in sala da pranzo.
La cosiddetta “batteria di rame” era ricchissima, decine di pentole con vari nomi: marmitte, pesciaiole, pentole per bagno-maria complete di vasi, di casseruole ce ne sono trenta; cinquanta sono le forme per dolci, si citano due “Platt Sauté”, ma c’è anche una cioccolatiera. Nella categoria “oggetti d’ottone” troviamo invece ventiquattro forme per gelati. Un elenco a parte è rubricato sotto il titolo “Pasticceria”. Ricchissima è anche la dotazione di tovaglie di lino, damascate, con frange e senza, e tovaglioli : ne sono inventariati 290. Servizi di porcellana ce ne sono almeno due : uno “fiorato e dorato” con le iniziali PR e uno bianco e oro, sempre con il monogramma, come alla tavola dell’arciduca. Le posate d’argento al momento dell’inventario forse erano già state “trafugate” perché il servizio descritto è da 18 mentre sappiamo che qui cenavano sedute fino a 36 persone. Ci sono però altri servizi in vermeille, e in Silver plate, e c’è il famoso “fornimento Christofle” che include oltre al trionfo da tavola col gruppo dell’abbondanza (tritoni conchiglie di cristallo e gioco d’acqua) anche candelabri a nove lumi con due puttini, quattro bomboniere in cristallo, quattro fruttiere e due grandi vasi cesellati.
Il tema è certamente affascinante e si ha l’impressione che, cercando più a fondo, magari nei giornali dell’epoca, si possa trovare anche qualcosa di più. Un aspetto che meriterà studiare è la sua attività di albergatore. Infatti era proprietario dell’Hotel de Ville, dove scendevano tutti i grandi personaggi di passaggio a Trieste. Sicuramente la cucina di quell’albergo poteva avere molte affinità con quella di casa Revoltella.
(appunti per una relazione svolta il 19 marzo 2005 da Maria Masau Dan per l’Accademia della Cucina, delegazione di Trieste)
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