domenica 13 aprile 2014

"Salon Revoltella". Il Museo, le sue opere, i suoi autori

Da qualche giorno è terminato il nuovo allestimento del Museo Revoltella di Trieste, nel quale si possono vedere più del doppio delle opere (da 300 a 700) che nel 2013 erano esposte nelle sale del palazzo baronale e della Galleria d’arte moderna. Infatti, dopo una lunga opera di studio, di catalogazione e di restauro collegata a un completo lavoro di revisione degli inventari e di riorganizzazione dei depositi, che ha interessato più di mille pezzi, si è ritenuto giusto offrire ai visitatori la possibilità di esporre, oltre alle trecento opere normalmente distribuite nelle sale, altre quattrocento che di solito sono conservate in deposito e sono visibili solo su richiesta.

Nella maggior parte le opere aggiunte riguardano i pittori triestini di cui il museo possiede un vasto repertorio che tuttavia non può mai essere presentato al completo. In questo nuovo percorso invece, ciascun autore è presente con tutte le opere che figurano nell’inventario, naturalmente esposte in modo da utilizzare al massimo lo spazio e non sempre in condizioni di perfetta visibilità (proprio come nei famosi “Salon” parigini), ma è sicuramente meglio documentato in tutte le fasi della sua carriera grazie anche a molte opere inedite che non erano mai state viste. >>>



 
Uno dei pittori triestini più noti e amati è Bruno Croatto (Trieste 1875 – Roma 1948) di cui oggi, 12 aprile, ricorre l’anniversario della nascita. Cogliamo l’occasione per andare a vedere lo spazio che gli ha dedicato il museo nell’ambito della nuova esposizione e per ricordare gli aspetti più salienti della sua carriera e del suo inconfondibile stile.
Nella foto uno dei suoi ritratti più eleganti, Delia Benco (1925).

“Un artista magnifico: pittore e acquafortista…Il suo studio è già, di per stesso, un “milieu” d’arte di tutta la più strana e più originale arte dell’estremo Oriente, dai tappeti che coprono il pavimento, dai vasi che animano i tavoli, ai gingilli che popolano le scansie, ai quadri e alle stampe che occhieggiano un po’ da per tutto. Sembra d’essere in Giappone o in Cina e se non fossero i suoi lavori e se non fosse la presenza di quest’uomo tutto nervi e tutta “verve” – dall’aspetto un pochino giapponese perché glabro ed asciutto – l’illusione sarebbe completa.” (S. Sibilia).

Nato a Trieste nel 1875, Bruno Croatto inizia il suo apprendistato artistico presso il pittore Giuseppe Garzolini. Dal 1891 al 1892 frequenta l’Accademia di Belle Arti di Monaco avendo come insegnanti Aschbe e Hackl. Il Ritratto di Giuseppe Garzolini del 1896 rivela pienamente l’influenza dell’ambiente triestino di fine Ottocento, in cui decisiva è la presenza d’artisti come Umberto Veruda e Arturo Rietti.
Nel 1897 partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia, in seguito sarà presente dal 1912 al 1924. Inizia ad occuparsi di grafica nel 1909. Le sue prime acqueforti sono legate al suo soggiorno ad Orvieto, dove vive e lavora per due anni. Tratta oltre all’acquaforte anche l’acquatinta e i suoi soggetti preferiti sono vedute di città italiane; nel 1910, tramite il legato di Carlo Cossitz, entra nelle collezioni del Museo Revoltella una sua monotipia su cartone raffigurante L’Abbazia di San Gregorio a Venezia.
Come ci narra Sibilia: “…Scoppiata la guerra si salvò dal servire l’Austria facendosi rinchiudere al manicomio; pretendeva che la luna avesse un colore troppo carico; era necessario blandirlo un po’: bastava mescolare a quel giallo un po’ di turchino!…”


 
Nel 1925 si stabilisce a Roma, dove apre uno studio prima in via del Babuino e successivamente nella vicina Via Margutta, luoghi che sin dal Seicento sono il centro della vita artistica romana. Fondamentali sono anche i numerosi viaggi attraverso l’Italia, nei quali ha l’opportunità di conoscere le opere di alcuni maestri della pittura italiana del Quattrocento: Andrea Mantegna, Piero della Francesca e Antonello da Messina. L’influenza di quest’ultimo è evidente soprattutto in opere sacre come l’Annunciata del 1927 (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna) e la Madonna, presentata ad una personale romana nel 1936, dove “…con notevolissima approssimazione ripete lo schema della celebre Velata al Museo di Palermo.” (Firmiani)
Diversi esempi significativi sono rintracciabili nella ritrattistica del pittore triestino; un quadro particolarmente raffinato è il Ritratto di Rodolfo Fogolin datato 1932, ora del Museo Revoltella (foto). Il personaggio effigiato è un importante architetto amico del pittore; il soggetto è stato ripreso sulla terrazza della sua villa romana, dalla quale si gode una stupenda panoramica sui ruderi romani. In primo piano, in basso, è possibile riconoscere inoltre I Quattro Libri dell’Architettura di Andrea Palladio, un elegante dettaglio che ci permette di distinguere subito la professione del personaggio ritratto.
Un altro eccezionale dipinto del museo, intitolato Un “adagio” di Schubert , (foto) raffigura invece “… sua moglie, seduta, serena e assente, tutta tesa verso la musica, che si indovina splendida e quasi immota, e pare scrutare, in un sorriso appena accennato, qualcosa che lei soltanto può vedere…”. (Perrone)

Caratteristiche poi della produzione di Croatto sono le nature morte, in cui è chiara la conoscenza della scuola pittorica olandese. Il Museo Revoltella possiede Iridescenze, una misteriosa natura morta eseguita a Roma nel 1939;  anche nelle collezioni della Cassa di Risparmio di Trieste sono presenti diversi quadri dello stesso genere: Natura morta con boccaletta (1947), Natura morta con vasi di Murano (1948) e Natura morta con il “leone” cinese (1948).     

Numerose sono infine le partecipazioni a mostre internazionali;  nel 1929, per esempio, presenta un gruppo di opere nella Galleria A. M. Reitlinger a Parigi: l’esposizione viene inaugurata dall’ambasciatore italiano, il conte Manzoni, e il Direttore Generale delle Belle Arti in Francia, visitando la mostra, acquista un dipinto per lo Stato Francese.
Croatto muore a Roma nel 1948. “Nel suo studio in Via Margutta pennelli e tavolozza riposano per sempre, e le tele incompiute sembrano attendere le sue mani vive e sensitive, le sue mani meravigliose dalle quali sbocciavano in una gamma di colori paesaggi soffusi di malinconia, gioielli iridescenti d’arte, dolci ritratti di donna e fiori, quei fiori magici e strani dai bagliori e dalle trasparenze di sogno che parevano trasportare in un magico strano mondo popolato da statue vive ed animato da fantastica musica…” (Perrone).
 

Una delle opere dell'ultimo periodo, la Grande natura morta con cineserie del 1943, è giunta qualche anno fa nella collezione del Museo Revoltella. E' dominata al centro da un vaso di vetro di foggia orientale di incredibile trasparenza, che contiene due spettacolari strelizie. Gusto per le qualità intrinseche di materiali diversi, specificamente prescelti per le caratteristiche di lucentezza o trasparenza o sfericità, e sagace capacità nell’accostamento appropriato dei colori, costituiscono le peculiarità delle composizioni artistiche di questo pittore, che è stato anche un eccellente incisore.


 
 

 

 

 
 

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