domenica 20 aprile 2014

Anniversari. Enrico Prampolini a 120 anni dalla nascita


Qualcuno ha ricordato oggi l'anniversario della nascita di Enrico Prampolini, nato a Modena il 20 aprile 1894, esattamente centoventi anni fa e morto a Roma nel 1956? Probabilmente nessuno...
Noi lo ricordiamo per due motivi: perché negli anni venti è stato uno degli artisti futuristi che maggiormente hanno influenzato il movimento futurista giuliano, da Carmelich a Crali, e perché il Museo Revoltella possiede un'opera particolarmente interessante del suo ultimo periodo. Visto che anche Wikipedia dedica a questo artista una biografia molto scarna, pubblichiamo la scheda dell'opera e aggiungiamo anche qualche elemento in più sulla sua vicenda artistica.
Di Enrico Prampolini il Museo Revoltella possiede l'opera "Organismo plastico", olio e sabbia su tela, cm 100x100, datata 1953-54, acquistata alla Biennale di Venezia.
 
 
Alla Biennale del 1954 questo polimaterico era esposto nella sala personale dedicata all'artista, accanto ad altri venti lavori eseguiti nel lungo arco cronologico che va dal 1914 al 1954; nella stessa occasione è stato acquistato (per la somma di 180.000 Lire) dal Museo Revoltella - assieme alle opere di Moreni, Corpora, Castelli e a uno studio di Spazzapan - secondo una politica museale di acquisti indirizzata prevalentemente verso la tendenza non figurativa dell'arte italiana. L'opera è firmata e datata in basso a destra "E. PRAMPOLINI 53-54", ma è stata finora pubblicata con datazioni diverse, riferite tanto al 1953 quanto al 1954, poiché l'inventario del museo riporta la prima data, mentre il talloncino della Biennale - posto a tergo dell'opera - e una scritta autografa, rinvenuta dietro la riproduzione fotografica del suo archivio privato (come riferisce Menna in Prampolini, 1967, p. 253), la datano 1954. Non sembra, tuttavia, casuale il fatto che l'artista abbia riportato in calce all'opera la datazione 1953-54, intendendo forse far rilevare che essa è il frutto di un lungo lavoro di progettazione compositiva, documentato dai suoi due ultimi quaderni di studio (oggetto di una mostra organizzata nella galleria privata d'arte moderna "SM 13", di via Margutta a Roma, tra il marzo e l'aprile del 1969). Nel primo dei due taccuini - che reca sulla copertina l'iscrizione autografa "Capri - Roma - 1953-54" - sono stati eseguiti, a matita nera o colorata, 466 minuscoli progetti (spesso non più grandi di un francobollo) di pitture da cavalletto, mentre nel secondo - che riporta la dicitura "Capri - Roma - 1953-54-56" e s'interrompe in corrispondenza alla data della scomparsa dell'autore, nel giugno del 1956 - vi sono 450 bozzetti di piccole dimensioni di opere in gran parte mai realizzate. Tali taccuini sono importantissimi per comprendere l'iter creativo dell'ultimo Prampolini, poiché dimostrano che "il suo modo di pensare un quadro era quello di impegnarsi attraverso una serie di sequenze, variando e semplificando per rendere sempre più significante l'immagine successiva, fino a raggiungere una perfetta proporzione fra gli elementi compositivi, tale che potesse reggere a tutti gli attacchi del suo acuto spirito critico" (M. Conte, Presentazione della mostra "Prampolini. Gli ultimi taccuini di studio 1953 - 1956", Roma, SM 13, 1969)

In questa, come nelle altre opere dipinte da Prampolini nel secondo dopoguerra, le tematiche cosmiche e le ricerche polimateriche - derivate dalle sue esperienze nell'ambito dell'aeropittura futurista e nei gruppi parigini non figurativi "Cercle et Carré" e "Abstraction-Création", tra gli anni '20 e '30 - confluiscono in un linguaggio maggiormente attento alla forma geometrica dei campi cromatici e all'impaginazione degli stessi, al fine di dare all'opera d'arte un equilibrio ritmico-spaziale che le permette di esistere autonomamente, come un organismo dotato di leggi proprie. Anche la materia - nel caso in esame la sabbia, che ritroviamo nella campiutura in basso a sinistra e mescolata all'olio nella zona marrone - è "parte integrante della composizione polimaterica, i cui elementi formativi tendono a esprimere la continuità nella discontinuità, la dissonanza e l'assonanza di rapporti. Rapporti che, operando per contrasto, non valgono esclusivamente per la forma "dell'elemento-oggetto", quanto per la presenza biologica della materia stessa". (E. Prampolini, in Arte Polimaterica, Collana "Anticipazioni", n. 7, O.E.T. Roma, Edizioni del Secolo, 1944).

Anche Giuseppe Ungaretti, nel presentare la sala personale dell'artista alla Biennale di Venezia del 1954, ha evidenziato come, nella sua ultima produzione, "le tensioni, le dissonanze, le irradiazioni, le esplosioni, ogni violenza" trovino una superiore armonia nell' "infinita misura delle linee di forza" e "nel valore d'innovazione della materia che i rossi, che i gialli, che i bianchi, che i viola - l'uso stupefacente di tutto il giuoco degli innumerevoli neri - che i colori non più colori ma polpa stessa della materia affermano colmi di poesia". (G. Ungaretti, in XXVII Esposizione Biennale…, cat. mostra, Venezia 1954, pp. 127).
Nicoletta Bressan




PRAMPOLINI, Enrico
(Modena, 1894-Roma, 1956)
Frequenta a Roma, nel 1912, l’Accademia di Belle Arti dove è allievo di Duilio Cambellotti. Fin da quell’anno inizia a esporre (Montecatini), a realizzare le prime illustrazioni per riviste e a scrivere, di musica, teatro e arte per conto di alcuni periodici.
In contatto con i futuristi dal 1913, espone con essi, nel 1914, alla Galleria Futurista Sprovieri di Roma. L’anno successivo si avvicina particolarmente a Balla e alla sua produzione e nel 1916 entra in contatto a Roma con Tristan Tzara. Nel 1917 espone le sue opere alla Galleria Dada di Zurigo e, qualche mese più tardi, fonda la rivista “Noi” assieme a Sanminiatelli.
In questi anni Prampolini è molto attivo anche nell’ambito dello spettacolo, nella triplice veste di autore teatrale, scenografo e costumista (Thais di Bragaglia,1916; Teatro del colore di Ricciardi, 1920), costantemente in relazione con le sperimentazioni avanguardistiche europee. Tale esperienza lo condurrà ad istituire a Parigi, nel 1925, il Teatro della Pantomima Futurista.
Nel 1919, assieme a Mario Recchi, fonda a Roma la Casa d’Arte Italiana e, nell’ambito di una personale, presenta oggetti d’arredo da lui stesso disegnati.
Anche se residente a Parigi dal 1925, Prampolini, che nella capitale francese promuove (e vi partecipa) svariate esposizioni futuriste tra il 1923 e il 1932, mantiene i contatti con il suo paese mediante un’intensa attività espositiva, prendendo parte alle più importanti rassegne italiane. Oltre a partecipare, nel 1925, alla III Biennale romana, è presente l’anno successivo a Milano alla I Mostra del Novecento Italiano. Ancora nel ‘26, espone, assieme ai futuristi, alla XV Biennale di Venezia e alle successive edizioni della biennale (1928-38, 1942, 1950, 1954 e 1956) e partecipa a Roma alle Quadriennali, dal 1931 al 1939. Con la realizzazione di un affresco, nella Galleria degli Affreschi, prende parte alla V Triennale di Milano (1933), occasione a cui parteciperà ancora rispettivamente nel ’36, nel ’40 e nel ’54. Nel 1934 risulta inoltre tra i promotori della I Mostra Nazionale di Plastica Murale a Genova.
Dai tempi del suo esordio alla seconda guerra mondiale, l’artista modenese redige diverse pubblicazioni teoriche e manifesti futuristi, tra i quali, in ordine di tempo, Scenografia futurista (1915), L’arte meccanica (1923, in collaborazione con Paladini e Pannaggi), Aeropittura e superamento terrestre (1931) e Arte polimaterica (verso un’arte collettiva?), scritto nel 1944.
È inoltre tra i fondatori, nel 1945, dell’Art Club, associazione artistica romana, promotrice di esposizioni in Italia e all’estero.
Prampolini muore a Roma, il giorno successivo all’inaugurazione della Biennale veneziana del 1956.

Nessun commento:

Posta un commento