Il fatto è che, purtroppo, ci vengono chieste in prestito sempre le stesse opere (De Nittis, Previati, Casorati, nella foto, Carrà, Sironi, Morandi e pochissime altre) che sono “i pezzi forti” della nostra collezione tanto da venire indicati nelle guide turistiche come “buone ragioni” per venire a Trieste (in subordine naturalmente al Castello di Miramare, alla Grotta Gigante, al Castello di Duino!).
Dipinti che furono scelti con grande competenza dai primi direttori e che si inseriscono felicemente in un contesto di artisti locali o di artisti italiani (e stranieri), meno celebri, ma nella maggior parte dei casi di grande interesse. Insomma un museo che, dicono tutti, è un piacere visitare, perché è pieno di sorprese: prima ti lascia immergere nel più sfarzoso ‘800 attraverso i salotti di palazzo Revoltella e poi ti sospinge nello spazio chiaro e razionale di Carlo Scarpa, dove si snoda un percorso di due secoli d’arte che comincia con Canova e finisce con Burri. >>>
Gaetano Previati, Il giorno sveglia la notte, 1909 |
Tutte le volte aderire al prestito è stato un grande sacrificio ma ci sentivamo in dovere di acconsentire per contribuire agli studi di storia dell’arte e per valorizzare le opere e il nome del Museo Revoltella. Non di rado le mostre ci hanno permesso di approfondire la storia delle nostre opere e di capirne meglio il valore e il significato nella storia dell’autore.
Carlo Carrà, Donna al mare, 1931 |
Ma perché dovremmo farlo? Quale beneficio ne ricaviamo? La pubblicazione delle opere? Si tratta di opere già ampiamente studiate e pubblicate. La pubblicità ai nostri musei e magari qualche ritorno turistico? Macchè! Il nome del museo proprietario spesso non figura più nemmeno nelle didascalie, che comunque sono minuscole e lasciano leggere appena il nome e il titolo. Qualche biglietto omaggio per i nostri dipendenti? Neppure quello, ci è toccato pagare a volte persino il catalogo…
Mario Sironi, Il pastore, 1932 |
Dunque
i nostri musei non solo non ne ricavano alcun vantaggio, né piccolo né grande, ma,
a causa dell’assenza delle opere più importanti certamente subiscono un danno
economico e d’immagine. E allora, forse, è meglio che le opere restino al loro
posto. La ricerca scientifica si potrebbe promuovere anche pubblicando libri e facendo
viaggiare gli studiosi anziché i quadri… (Certo, mi diranno, vederli uno
accanto all’altro è un’altra cosa…)
Questa
premessa era indispensabile per capire la ragione per la quale, lo scorso
autunno, abbiamo deciso di aderire solo parzialmente alla richiesta di prestito
che ci ha fatto la Fondazione Cassa di Risparmio di Forlì per la mostra del
Novecento italiano ora in corso, appunto, a Forlì. Abbiamo detto di sì per l’opera
di Sironi, per le sculture di Arturo Martini, i dipinti di Carlo Sbisà e Cesare
Sofianopulo, ma abbiamo rifiutato “Meriggio” di Casorati, che essendo un
dipinto su tavola, estremamente delicato, rischia molto a ogni spostamento. Nel
contempo abbiamo prestato De Nittis alla mostra di Padova e Carrà alla mostra
di Alba. Dunque negli ultimi sei mesi riteniamo di avere dato un contributo più
che sufficiente, anzi di avere fatto un grande sacrificio sull’altare della
storia dell’arte italiana…
Ma,
si sa, certi sgarbi non vengono perdonati. Il giro delle mostre è, in fondo,
una compagnia abbastanza ristretta e piuttosto snob di curatori, direttori di
musei, docenti universitari, editori, galleristi, critici d’arte, giornalisti,
trasportatori e uffici stampa.
dicembre 2012, davanti a Casorati |
Comunque
rispettiamo l’opinione di Gualdoni, come tutte le critiche che ci arrivano,
quando ci aiutano a capire degli errori e delle possibilità di miglioramento. I
musei sono dei laboratori e le relazioni tra le opere sono innumerevoli,
occorre provare e riprovare.
Ci
dispiace solo il tono saccente e ironico con cui ha giudicato il nostro
difficile lavoro, che lui dovrebbe conoscere, visto che vanta nel suo
curriculum la direzione di qualche museo, ma che forse ha dimenticato. O forse semplicemente è anche lui il “reggimoccolo” di qualcuno che voleva lanciarci un sasso senza farsi vedere.
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