venerdì 17 aprile 2015

Ricordo di una bella mostra di Giuseppe Zigaina al Museo Revoltella

Ieri, 16 aprile, è morto a novantuno anni un grande artista friulano, Giuseppe Zigaina, nato nel 1924 a Cervignano del Friuli. Grande la partecipazione di tutti coloro che hanno seguito la sua vicenda artistica e amato l'evolversi della sua pittura, profondamente legata alla terra d'origine ma conosciuta e apprezzata in Italia e in Europa. Il Museo Revoltella ha dedicato a Zigaina una grande mostra, curata da Carlo Pirovano, e aperta da settembre a novembre del 2000. In quell'occasione abbiamo diffuso questo comunicato stampa, che riteniamo ancora meritevole di una lettura.>>>

Zigaina, opere 1947-2000. Mostra antologica al Museo Revoltella.
Da sabato 23 settembre a domenica 5 novembre 2000 è rimasta aperta al Museo Revoltella di Trieste una grande mostra antologica di Giuseppe Zigaina, che, a dieci anni da quella che fu presentata nel ’90 a Pordenone, si può senz’altro considerare fino a quella data l’evento espositivo più importante per la conoscenza complessiva dell’opera quasi sessantennale del maestro friulano.
La mostra, curata da Carlo Pirovano e dall’artista stesso, che hanno fatto un’accurata ricerca delle opere “storiche” e un’ impegnativa selezione nella vasta produzione degli ultimi decenni, attingendo a collezioni pubbliche e private italiane e straniere, comprendeva un centinaio di opere, circa settanta dipinti e una trentina di disegni, che documentavano l’intera vicenda artistica di Zigaina, più di mezzo secolo d’arte, dal 1947 al 2000.


Accanto a pezzi famosi e celebrati come le “Crocifissioni” dell’immediato dopoguerra, che assieme a una decina di altri dipinti e disegni di grande valore (“Uomini e cavalli”, “Pescatori”, “Cavallo morto e cavaliere”, ecc.), testimoniavano la fase in cui Zigaina fu vicino al Fronte Nuovo delle Arti (1947-48) si poteva vedere una ricca rassegna del suo periodo realista (1950-54) con opere fondamentali tra cui “Occupazione delle terre” del 1950 (ora della Fondazione Davide Lajolo), “Carro e biciclette”, “Biciclette e vanghe”, “Attesa del traghetto serale” del 1951, temi che per la loro particolarità, il loro legame con un mondo chiuso e sconosciuto come la Bassa Friulana, lo hanno caratterizzato subito come uno dei più originali e sensibili esponenti del realismo italiano.


Altrettanto ben documentato era il periodo della grande “svolta” degli anni Sessanta dal realismo ad una pittura meno vincolata dal legame con il mondo esterno e più concentrata sul mondo interiore dell’artista. E’ la fase in cui Zigaina, con una pittura meno definita nei contorni, priva di struttura grafica ed essenzialmente materica, si avvicinò di più all’informale, anche se non può essere inserito, in realtà, in questa corrente. Di questo momento la mostra del Revoltella presentava alcune opere molto significative come il “Piccolo Generale” della Galleria d’arte moderna di Bologna, ma anche “Notturno italiano”, “Ceppaia nella neve, “Dormitorio”, “Donna assassinata”.


Gli anni Settanta, che riportarono massicciamente nell’opera di Zigaina il segno grafico, erano rappresentati da una serie di dipinti di grande suggestione che costituiscono forse la sua produzione più nota e più vista (anche per le straordinarie interpretazioni degli stessi temi che l’artista ha fornito attraverso l’incisione): “Dal colle di Redipuglia”, “Uccello nell’erba”, “Paesaggio come anatomia”, ecc.

Gli anni Ottanta e Novanta segnano invece un grande recupero di spazio nella pittura di Zigaina che, contemporaneamente si arricchisce di formidabili interventi cromatici. Torna a prevalere l’interesse per la campagna friulana, per il paesaggio familiare: “Verso la laguna”, “La sera nel vigneto”, “Girasoli” sono soltanto alcuni degli infiniti risvolti del grande amore nutrito dall’artista per la sua terra. Torna anche, in modo quasi ossessivo, la figura del padre, al quale aveva dedicato dei ritratti in tempi più lontani.

La mostra, è stata realizzata con il contributo della Regione Friuli-Venezia Giulia e sostenuta da Euromobilarte, Zalf Mobili e Assicurazioni Generali.




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“Da quando è apparso quasi improvvisamente sulla scena artistica italiana, fra il ’48 e il ’50, Zigaina ha dato di sé un’immagine che non è più stata smentita: l’immagine, cioè, di un pittore che in ogni momento della sua opera coinvolge la propria sorte personale nel destino della storia” (M. De Micheli, 1970). A trent’anni di distanza questa riflessione è ancora attuale anche se la vicenda artistica di Zigaina, dopo la fase realista dei primi anni Cinquanta, ha avuto uno sviluppo abbastanza indipendente non solo dai movimenti e dalle correnti che hanno caratterizzato gli ultimi decenni del Novecento, ma anche dai mutamenti politici e sociali. Ciò non significa che egli sia stato e sia un isolato ma, come osserva Carlo Pirovano, che “la sua indole ricettiva e problematica” lo ha condotto “a più sofisticate rimeditazioni sulla dimensione tesa della storia piuttosto che alle sollecitazioni occasionali della cronaca immediata.”


Giuseppe Zigaina è stato davvero un’apparizione nel mondo dell’arte e, se a livello nazionale, questo si è verificato, appunto, tra il ’48 e il ’50, in occasione delle sue prime presenze a Venezia, la sua terra, il Friuli-Venezia Giulia, aveva scoperto il suo talento già nel 1942, quando, a soli diciotto anni, aveva esposto all’ultima Sindacale triestina, accolto entusiasticamente da critici come Silvio Benco e Umbro Apollonio.

Il suo destino di artista e di intellettuale si compie subito dopo la fine della seconda guerra mondiale attraverso alcuni incontri molto importanti. Nel 1946 a Udine conosce Pier Paolo Pasolini con il quale stabilisce un legame di profonda amicizia che durerà fino alla morte del poeta. Nello stesso tempo è vicino al Fronte Nuovo delle Arti che dal ’46 al ’48 raggruppa alcuni tra i più interessanti artisti italiani: Birolli, Cassinari, Guttuso, Morlotti, Pizzinato, Santomaso, Vedova, Leoncillo e Viani. Nel 1948 espone per la prima volta a Venezia, alla Galleria del Cavallino e alla prima Biennale del dopoguerra.


Tra il ’47 e il ’48 dipinge le Crocefissioni, le diverse versioni di “Uomini che uccidono cavalli”, “Cavallo morto e cavaliere”, ”Bambini che giocano”, “Pescatori”. In questa estrema geometrizzazione delle forme è certamente influenzato dal post-cubismo ma anche da modelli storici: ricorda lui stesso quanto abbia influito su di lui la visione, a Firenze, della “Battaglia di San Romano” di Paolo Uccello. Un critico acuto e sensibile come Giuseppe Marchiori vede, invece, nelle opere di questo periodo “una tensione spirituale che lo avvicina agli affreschi della cripta di Aquileia, alla loro forza drammatica, piuttosto che a un Rouault pittore di vetrate”. Altri critici, infatti, soprattutto per l’uso di contorni neri e marcati, avevano fatto un preciso riferimento al grande pittore francese.


Dal ’48, dopo la frattura interna al Fronte, Zigaina si avvicina al movimento realista. Dalla sua pittura spariscono i riferimenti colti mentre si fa strada la rappresentazione del mondo contadino al quale sente di appartenere. Inizia così la lunga serie delle “Biciclette e falci”, dei “Braccianti”, dei “Traghetti serali”. “Umida, verde, profonda, la regione friulana entrò nei suoi quadri e dentro al paesaggio incominciarono a muoversi gli uomini del Cormor e dell’Ausa, a piedi, in bicicletta, con le falci in spalla, taciturni, ostinati, solenni. (…) Nel periodo realista Zigaina ha cercato di far coincidere in modo immediato l’immagine con la sostanza dei suoi sentimenti, col suo impegno morale e civile.”(M. De Micheli, 1970)


“Il problema cardine di questi anni di pittura realista – fin verso il 1953 – è i sostanza quello della strutturazione autoportante del colore, senza la griglia violenta del segno, dei tralicci scuri che precedentemente imbrigliavano le composizioni in ogni parte del riquadro ideale della tela; gradualmente il quadro visivo si alleggerisce dello scheletro strutturale e contemporaneamente l’esterno, la natura, si amalgama alle figure, uomini e cose, partecipe e perfino possessiva.(…) …la struttura grafica stessa si è fatta colore, liquido e trascorrente, con effetti luministici rabbrividenti, elettrici; una vitalità panica trascorre nella visione sublimata di quelle povere cose tramate in un’elegantissima sintesi compositiva.” (Pirovano, 2000).




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