domenica 30 novembre 2014

Un pittore da riscoprire: Giuseppe Lorenzo Gatteri

Il 1° dicembre 1884 moriva a Trieste uno dei pittori più popolari e amati dell'Ottocento triestino, Giuseppe Lorenzo Gatteri. Artista dotato di un talento naturale, che a poco più di dieci anni gli assicurò la fama di enfant prodige, restò sempre fedele a una concezione tradizionale dell'arte e coltivò per tutta la vita la pittura di storia, sulla scia della grande scuola veneziana che frequentò intorno alla metà del secolo, prima di tornare definitivamente a Trieste. Morto a soli cinquantacinque anni, lasciò un vuoto nel mondo artistico triestino anche per l'impegno e la passione con cui si era battuto per l'italianità di Trieste.
A Gatteri il Museo Revoltella dedicherà a breve un incontro pubblico in cui la conservatrice Susanna Gregorat e la storica dell'arte Francesca Nodari parleranno della catalogazione, appena terminata, delle opere di Gatteri appartenenti al Museo Revoltella.
Di seguito alcuni testi tratti dalla mostra "Arte e Nazione. Dagli Induno a Fattori nelle collezioni del Museo Revoltella" (2011) di cui sta per uscire il catalogo.   >>>>>
Prima sala
Pittura di storia e sentimenti nazionali
Il primo incontro degli artisti triestini dell’Ottocento con la cultura e la tradizione italiana avviene all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove la maggior parte di essi sceglie di andare a studiare. Dal 1840 in poi vi si trovano tre giovani destinati a conquistare notevole fama soprattutto come pittori di storia: Augusto Tominz, Giuseppe Lorenzo Gatteri e Cesare Dell’Acqua. Quegli anni rappresentano una fase di grandi cambiamenti artistici: se l’Accademia continua a porre al centro dell’istruzione artistica l’antichità classica greco-romana, fuori – grazie anche a personalità straordinarie come quella di Francesco Hayez – si diffonde il Romanticismo, che trova più vicini alla sensibilità moderna i temi storici legati alle vicende medioevali e alle lotte dei popoli per la libertà. Tutti e tre i pittori triestini citati si cimentano con fatti e personaggi dell’epoca rinascimentale, attingendo alla storia di Firenze e a quella di Venezia e scegliendo spesso temi che, in qualche misura, si prestano alla riflessione sulla triste condizione dei popoli oppressi dai tiranni e al valore del sacrificio compiuto in nome dell’amor di patria. Scrive Giuseppe Caprin in Tempi andati: «In Venezia poi sorgeva l’orgoglio della passata grandezza: si rievocava lo splendore della sovrana lagunare, la storia patria delle epoche più fortunose, più eroiche; cattedre e libri, cantori ed artisti, infervorati da questa voga, ripopolavano il Palazzo Ducale col Senato, col Consiglio dei X, ricostruivano le galee trionfanti di Lepanto, le adornavano dei grandi gonfaloni color sangue sui quali campeggiava il leone». Tra gli artisti che sono sedotti dalla passata grandezza di Venezia (e, secondo qualcuno, ne restano prigionieri) c’è Giuseppe Lorenzo Gatteri, autore di innumerevoli composizioni ispirate alla storia veneziana, caratterizzate da un’eccezionale precisione documentaria. Inoltre pochi artisti sanno, come Gatteri, riprendere dai maestri veneziani del Rinascimento il sapiente uso del colore, attraverso il quale le sue affollate scene di feste e cerimonie acquistano una particolare brillantezza. Augusto Tominz, che esordisce alle mostre triestine degli anni quaranta con opere intitolate Leonardo che ritratta la Lisa dei Giocondi ed Episodio dell’assedio di Firenze ama in particolare i temi fiorentini, come è documentato dall’opera La confessione di Lorenzo de’ Medici del 1853 appartenuta a Pasquale Revoltella, ripresa vent’anni dopo da un pittore della generazione successiva, Antonio Lonza, evidentemente ancora influenzata dai soggetti storici che potevano rivestire un valore morale. Alla storia di Firenze si ispira anche il giovane Cesare Dell’Acqua (La morte di Machiavelli, Clarice Strozzi e i Medici) che più tardi si convertirà a soggetti molto più in sintonia con il governo austriaco, tra cui le opere commissionategli da Revoltella.
Giuseppe Lorenzo Gatteri
Figlio d’arte, nasce a Trieste nel 1829 e manifesta assai per tempo una spiccata vocazione per il disegno, prontamente assecondata dal padre che lo incoraggia nelle sue prime realizzazioni. Frutto di queste esperienze iniziali sono i disegni di Battaglie poi raccolti in un album (1838-39). L’esordio ufficiale dell’enfant prodige avviene nel 1840, quando è invitato a eseguire in pubblico, presso il Gabinetto di Minerva a Trieste, l’acquerello "Sorpresa e sconfitta del campo romano presso il Timavo", fatta dagli Istri condotti da Epulo. Ammesso appena undicenne all’Accademia di Venezia, dove nel frattempo si è trasferita la famiglia, continua gli studi sotto la guida di Politi e Lipparini, grazie anche a una iniziale borsa di studio triennale concessagli dalla città di Trieste, sino al 1851. In questi anni la precocità e la prorompente vena creativa del giovane studente triestino, con l’aiuto delle conoscenze paterne, non mancano di attirare l’attenzione della buona società veneziana, in seno alla quale “Beppino” Gatteri viene continuamente chiamato a esibirsi “dal vivo” nell’improvvisazione di disegni e acquerelli su un tema storico assegnato sul momento. Nel 1842, condotto a Milano, espone un disegno all’Accademia di Brera e viene presentato a Manzoni e Hayez, la pittura del quale non manca di impressionarlo, soprattutto nelle interpretazioni storiche. Continua, intanto, a coltivare la passione per la pittura di storia elaborando diversi disegni raffiguranti episodi di storia lombarda e illustrando (1842), in una cinquantina di fogli, alcuni Episodi di storia greca (Trieste, Museo Revoltella), ispirati dal libro di François Pouqueville. Nel 1848, a Torino riceve la commissione di una serie di disegni e acquarelli da Carlo Alberto di Savoia. L’artista prova anche a “storicizzare” i recenti avvenimenti legati ai moti rivoluzionari del 1848-49, a illustrare la Divina Commedia o, in 150 tavole, la Storia Veneta dello Zanotto (1852). Quest’ultima esperienza dovrà necessariamente prevedere una certa consuetudine con i teleri celebrativi tardo-cinquecenteschi di Palazzo Ducale a Venezia, come rivela la propensione dell’artista per le scene affollate. Pur avendo terminati gli studi all’Accademia, Gatteri si trattiene a Venezia fino al 1857, segno, questo, della discreta fama che il giovane si è guadagnata tra le lagune. Rientrato a Trieste, continua l’intrapresa attività di illustratore compiendo, tra l’altro, le tavole per la Storia cronografica di Trieste di Vincenzo Scussa e quelle per Gioie e sofferenze della vita marinara di Carlo Costantini. Del 1868 è un album di disegni donato dalla città di Trieste a Umberto I. Dal 1873 alla morte, avvenuta nel 1884, è membro del Curatorio del Museo Revoltella e, rappresentante attivo della vita artistica e culturale di Trieste, il suo nome compare tra quelli dei fondatori del Circolo Artistico. La pittura di Gatteri si arricchisce progressivamente delle più diverse sollecitazioni, stimoli che l’artista riesce ad armonizzare in un linguaggio relativamente originale. Nella sua opera si possono cogliere riprese dalla pittura seicentesca e barocca in genere, soprattutto nella maniera di coordinare i gruppi di folla e in una certa enfasi retorica della rappresentazione. Anche l’ambiente della contemporanea scuola tedesca, con particolare riferimento a Monaco e alla pittura di Makart, e le opere di Delacroix sembrano aver suggestionato alcune scelte stilistiche del triestino. La produzione a olio, di solito preceduta dalla redazione di un modello, sempre su tela e singolarmente realizzato nelle stesse dimensioni, o anche di formato maggiore del quadro finito, sembra contare un catalogo abbastanza scarno e concentrarsi prevalentemente negli anni della tarda maturità.

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